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KALI: il patrimonio marziale delle Isole Filippine

di Andrea Rollo

 

Kali, Arnis o Eskrima sono i tre termini con cui generalmente si racchiude il vasto repertorio di tecniche e stili di combattimento armato e corpo a corpo che caratterizzano il patrimonio marziale dell’arcipelago filippino.

Tramandato da padre a figlio, di generazione in generazione, l’arte marziale filippina deve la sua eterogeneità principalmente al sistema tribale vigente per secoli nelle 7107 isole filippine per cui ogni isola, ogni clan o addirittura ogni famKali: il patrimonio marziale delle Isole Filippineiglia aveva sviluppato un particolare stile di lotta per difendere il proprio territorio da nemici esterni. Nel corso dei secoli, le differenze tra i numerosi metodi di combattimento si accentuarono a seconda delle diverse culture dei popoli con cui i mangdirigma, i guerrieri filippini, entrarono in contatto: commercianti e pirati cinesi e giapponesi a nord, conquistadores spagnoli al centro e vicini malesi e indonesiani al sud.

Ad eccezione di tali diversità, che si traducono spesso nella specializzazione su una particolare arma, o un particolare settore di studio (lotta in piedi, lotta a terra, trapping, metodi curativi, punti vitali, ecc), nella distanza di combattimento (larga mano, media, corta), nella posizione di guardia o nei metodi di allenamento (esercizi ciclici, forme, ecc.), la maggior parte degli stili di combattimento filippino presentano comunque tratti comuni. La peculiarità che li differenzia dalle altre arti marziali consiste nello studio delle armi quale fase iniziale dell’apprendimento per poi giungere, conservando principi, strategia e tecnica, al combattimento a mani nude. Tale particolarità nasceva dall’esigenza di saper utilizzare un’arma in un periodo in cui contadini, tagliatori di cocco ambulanti, delinquenti ecc. portavano quotidianamente al seguito armi da taglio e la possibilità che un diverbio degenerasse in uno scontro armato era molto elevata. A tal punto che gli occupanti spagnoli vietarono il possesso di armi da taglio ai filippini nonché la pratica delle arti marziali native, che, paradossalmente, sopravvissero camuffate nelle danze e negli spettacoli che gli indigeni recitavano per allietare gli spagnoli. A seguito di tale divieto, gli allenamenti continuarono in segreto e le armi da taglio vennero sostituite con dei bastoni, i cui movimenti simulavano i fendenti delle lame. Con il passare degli anni, tecniche proprie delle armi da impatto ampliarono il bagaglio tecnico del kali, ed oggi molti corpi di polizia in tutto il mondo lo studiano durante l’addestramento propedeutico all’impiego del manganello, del bastone telescopico o del tonfa in attività di ordine pubblico.

La prima arma studiata è generalmente il bastone (di circa 70 cm, o un arma di lunghezza equivalente quale può essere un machete), seguita dal doppio bastone (o due armi di pari lunghezza), poi il coltello (o un’arma corta quale il dos puntas) quindi la spada y daga (in una fase di studio più avanzata in quanto prevede nello stesso momento l’utilizzo di un’arma lunga e una corta, quindi lo sfruttamento di distanze di combattimento variabili) ed infine il combattimento corpo a corpo. Affianco a queste armi principali, in molti stili, se ne studiano anche altre, tra cui il bastone lungo, il kampilan (lunga spada a due mani filippina), la catena, la frusta, la fionda, la cerbottana, il karambit (coltello da mignolo filippino), il balisong (coltello a farfalla, inventato proprio nelle Filippine) ecc.

Altra caratteristica tipica del kali filippino, brevemente anticipata nel paragrafo precedente, consiste nella possibilità di utilizzare gli stessi principi, movimenti o tecniche con una qualsiasi arma, anche occasionale (ad es. una penna o un mazzo di chiavi) o addirittura a mani nude. Ciò non esclude che piccoli adattamenti, ad es. della distanza di combattimento, della posizione del corpo o dell’arma, si rendano necessari per mantenerne inalterata l’efficacia.

Infine tra le caratteristiche delle arti marziali filippine va annoverata l’importanza dello studio delle tecniche di attacco prima di quelle difensive seguendo il criterio secondo cui è molto difficile (se non impossibile) difendersi da un’arma che non si è in grado di maneggiare.

Arte marziale tradizionale, con i suoi miti, le sue leggende ed il suo folklore, messa alla prova in tre guerre di indipendenza ma in continua evoluzione, applicata dagli attuali corpi d’élite di Forze Armate e di Polizia e nei sistemi di difesa personale da agenzie di sicurezza pubbliche e private, il Kali è anche uno sport, la cui spettacolarità dipende oltre che dal variegato tipo di armi utilizzabili anche dal margine d’azione che i diversi regolamenti permettono (solo armi; armi, calci e pugni; e kali tudo, una sorta di MMA con armi). Il combattimento a mani nude del kali sportivo è invece rappresentato, nella sua più elevata espressione, dalla YAW YAN, il cui nome deriva dalle parole Sayaw ng Kamatayan ovvero “Danza della Morte”.

 

Martial World / 18 Aprile 2013

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06 Apr, 2016

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