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Principessa Urduja

Racconti di Kali filippino

di Andrea Rollo

 

La principessa guerriero

C’era una volta,

nel XIV secolo una principessa di nome Alid Ed Purowa, figlia del Rajah Dalisay.

Passata alla storia con il nome di Urduja ad opera del mercante marocchino Ibn Batuta, la principessa era una donna saggia, bellissima e molto colta, che parlava diverse lingue, abile navigatrice e a capo di un esercito formato da uomini e donne; addestrata sin da bambina nell’arte della guerra era talmente esperta nel combattimento corpo a corpo e nell’uso del Kampilan che si diceva possedesse qualità potenzialmente insuperabili. Infatti nonostante la promessa della principessa di essere pronta a sposare chi l’avesse sconfitta in duello, sembra che non vi sia mai stato nessun uomo degno di affrontare la prova. Urduja di fatto non ha mai dovuto combattere un avversario che pretendesseRacconti di Kali filippino - Autore: Andrea Rollo la sua mano in matrimonio. Dopo aver governato Kaylukari nella terra di Tawalisi (identificata dagli storici con la regione di Pangasinan, Filippine del Nord, e chiamata anche Talamasin dal sacerdote italiano Padre Odoricus o Thalam Asin da Luther Parker), la principessa Urduja divenne un pirata. Fu durante le sue scorrerie nei mari della Cina meridionale che la bella Urduja, si innamorò di Cheng Ho, un commerciante cinese che navigava quelle acque durante il regno dell’Imperatore Ming.

Secondo altre versioni, la principessa si innamorò del famigerato pirata cinese Limahong quando questo sbarcò sulle coste di Pangasinan per sfuggire agli spagnoli dopo aver tentato di impadronirsi di Manila; e fu la stessa principessa che lo aiutò a scavare il tunnel segreto che gli permise la fuga quando lo raggiunsero le truppe spagnole.

La storia quasi leggendaria della principessa Urduja, una donna guerriero, leader del popolo di Pangasinan che può essere considerata la prima femminista filippina, è rappresentata in spettacoli teatrali attraverso la simulazione dei combattimenti sotto forma di danza.

Nonostante l’esistenza di molte opere a livello regionale, conservatrici di una identità locale o etnica, la rappresentazione delle vicende che hanno visto protagonista la principessa Urduja così come la battaglia di Mactan del 1521, durante la quale venne ucciso il famoso circumnavigatore del globo Ferdinando Magellano e gli indigeni filippini dotati di armi tradizionali sconfissero per la prima volta i conquistadores spagnoli in numero nettamente inferiore ma equipaggiati con armi da fuoco portatili e cannoni, e le opere ritraenti le vittorie del Sultano Kudarat contro gli invasori spagnoli nei numerosi tentativi di conquistare l’isola meridionale di Mindanao, sono presenti in tutto l’arcipelago e non confinate in una singola regione.

Tali opere, oggi espressione folkloristica della cultura marziale filippina con le quali si ricordano grandi eventi del passato ed i loro eroi durante festival e feste popolari, nacquero nel XVII secolo sotto il nome di komedya per intrattenere gli occupanti spagnoli durante il periodo coloniale.

Le scene di tali atti socio-religiosi raffiguravano la superiorità della fede cattolica sulle credenze pagane indigene e servivano ai preti spagnoli come propaganda per diffondere il cristianesimo attraverso l’arcipelago.

La trama, spesso un principe musulmano che si innamora di una principessa cristiana e per lei si converte al cristianesimo dopo che la propria famiglia è stata sconfitta in battaglia, rappresentava per i filippini oppressi l’unica via per la libertà sulla quale fantasticare.

Le Komedyas divennero talmente popolari che vennero tradotte in molti dialetti nativi assumendo diversi nomi: in tagalog e ilongo si chiamano moro-moro e sunkil, in cebuano linambay mentre a Pampangas sono conosciute come kuradal.

Paradossalmente, tali forme di intrattenimento teatrale furono lo strumento con cui i filippini, a seguito del divieto di praticare la propria arte marziale, nascosero le tecniche di combattimento camuffandole in danze e conservando così la tradizione marziale del kali filippino.

 

 

Il capitano volante Solferino Borinaga

A nord-est di Cebu, Filippine, nel piccolo arcipelago delle Camotes si trova l’isola di Ponson. L’unico centro abitato dell’isola, Pilar, deve il suo nome alla gentile, altruista, premurosa e per questo da tutti amata moglie del Capitano Martin Borinaga, figlio maggiore del famoso Capitano Solferino “Kapitan Perong Pak-an” Borinaga, primo capitano dell’isola.

Alla ricerca di un miglior posto dove vivere, Solferino Borinaga con la moglie Alejandra ed il piccolo Martin lasciò Cabalian, nella parte meridionale dell’isola di Leyte, e attraversò il mare delle Visayan. Attratto dalla terra fertile e dal mare pescoso, Solferino decise di stabilirsi con la famiglia in un sito vicino ad una sorgente. La ricchezza di cibo del luogo che chiamarono Palawan, che significa appunto “sorgente”, spinse Solferino a tornare nella sua terra natia per convincere parenti ed amici a seguirlo in questa nuova località. Circa dieci famiglie si trasferirono a Palawan. Presto comunque il piccolo insediamento crebbe trasformandosi in una prosperosa comunità e Solferino Borinaga venne scelto come primo Capitano.

La nuova colonia divenne oggetto di continui raids da parte di pirati musulmani, i cosiddetti Moros, i quali attaccavano, saccheggiavano e sequestravano proprietà, cibo e persone.

La leggenda narra che il Capitano Solferino Borinaga progettò un’ingegnosa catapulta e la posizionò in cima ad un dirupo, le cui caverne offrivano una visuale d’orizzonte che le rendeva posizioni strategiche per sorvegliare l’approdo nemico all’isola.

La rudimentale catapulta era costruita con cinque robusti pali di bamboo selezionati tra le piante cresciute nei pressi della scarpata, piegati a 45° e saldamente trattenuti a pochi metri dall’estremità con delle corde di acaba, un tipo particolare di canapa originaria delle isole Filippine.

Avvistata una nave pirata, Solferino si posizionava sulla catapulta e ad un suo ordine, tagliando le corde che vincolavano l’estremità dei pali al terreno, veniva proiettato contro le imbarcazioni in avvicinamento. Volando in cielo come un supereroe e brandendo il suo lampirong (versione visaya del barong), Solferino atterrava sulle vele delle Paraos, così si chiamavano le navi Moros, e sfruttando l’elemento sorpresa e l’incredulità della ciurma riusciva ad uccidere tutti i membri dell’equipaggio. La notizia di un uomo dai poteri soprannaturali, in grado di volare e imbattibile in combattimento, si diffuse tra i pirati Moros che solcavano le acque del Mar Camotes e da quel momento il piccolo gruppo di isole non subì nessun altro attacco. Fu grazie a tali imprese eroiche che Solferino si guadagnò l’appellativo di “Kapitan Perong Pac-an”, ossia Capitano Volante Perong o Capitano alato Perong.

Leggenda a parte, Solferino Borinaga fu un leader eccezionale, abile coordinatore e guerriero esperto, che con pochi uomini fu in grado di difendere il proprio villaggio ed, in diverse occasioni, riuscì addirittura ad attaccare i pirati, combattendo corpo a corpo terribili veterani dei mari.

Inaspettatamente sconfitti, i pirati Moros abbandonarono l’isola per non farci più ritorno e la stessa, grazie all’afflusso sempre maggiore di chi era venuto a conoscenza delle vittorie senza precedenti contro i pirati, si sviluppò fiorente sotto il nome di Isla sa Putting Babayon, ovvero “Isola dalla spiaggia bianca” finché non venne rinominata Pilar, in onore, come già detto, della moglie del Capitano Martin Borinaga, subentrato nella guida dell’isola alla morte del padre.

La tecnica di combattimento del Capitano Solferino Borinaga, un sistema di eskrima noto come repikada pigada, è giunta fino a noi grazie agli sforzi di un’icona vivente delle arti marziali filippine, GM Yuli Romo che, originario delle Isole Camotes, apprese tale metodo di lotta da Rustico “Kikoy” Borinaga, discendente diretto del Capitano Solferino Borinaga.

L’arte del repikada pigada, il cui nome significa “Ripetuti o multipli contrattacchi alla corta distanza” non studia un insieme finito di tecniche ma bensì una strategia di combattimento, attraverso degli esercizi ciclici che prevedono l’utilizzo di un bastone lungo (dall’ombelico al suolo) e di armi da taglio.

Oggi il repikada pigada è, insieme al kalis ilustrisimo, parte integrante del bahad zu’bu, il sistema di eskrima creato da GM Yuli Romo.

www.isfma.org.uk

www.yuli-romo.com

L’immagine in evidenza è una raffigurazione della Principessa Urduja ad opera di Fernando Amorsolo custodita presso il Yuchengco museum – Manila, Filippine

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06 Apr, 2016

Folklore

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